Demenza: uno studio identifica 11 nutrienti chiave che influenzano il rischio. Alcuni proteggono, altri possono aumentarlo.
La nostra dieta può davvero influenzare il rischio di demenza? Uno studio pubblicato nel 2025 sulla rivista Nutrients ha analizzato 101 nutrienti per individuare quelli più strettamente legati allo sviluppo della demenza nelle persone con più di 50 anni. I risultati sono sorprendenti: alcuni nutrienti mostrano un chiaro effetto protettivo, mentre altri sembrano aumentare il rischio.
Lo studio è stato condotto su oltre 6.200 adulti di età pari o superiore ai 50 anni, seguiti per diversi anni all’interno del National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES). Gli autori hanno valutato le abitudini alimentari dei partecipanti, incrociandole con dati clinici e neurologici, per capire quali nutrienti fossero associati all’insorgenza della demenza.
I nutrienti che proteggono il cervello
Secondo i ricercatori, 5 nutrienti sono associati a una significativa riduzione del rischio di demenza:
- Vitamina E – potente antiossidante, protegge le membrane cellulari dallo stress ossidativo.
- Manganese – minerale essenziale che supporta le difese antiossidanti e il metabolismo cerebrale.
- Isoramnetina – un flavonolo presente in frutta, verdura e tè, dalle proprietà neuroprotettive.
- Fibra alimentare – utile per la salute intestinale e l’equilibrio del microbiota, che comunica attivamente con il cervello.
- Niacina (vitamina B3) – coinvolta nella produzione di energia cellulare e nella riparazione del DNA, favorisce la salute dei neuroni e la funzione cognitiva.
Questi nutrienti, se assunti regolarmente attraverso una dieta varia e vegetale, possono svolgere un ruolo protettivo importante contro il declino cognitivo.
I nutrienti che aumentano il rischio di demenza
Dall’altro lato, sei nutrienti sono risultati associati a un maggiore rischio di sviluppare demenza. Tra i più rilevanti:
- Zuccheri totali – un eccesso di zuccheri semplici nella dieta è correlato a infiammazione cronica e neurodegenerazione.
- Vitamina D derivata dal latte – a sorpresa, questa forma specifica di vitamina D è stata associata a un aumento del rischio, anche se il meccanismo non è del tutto chiaro.
- Glicerofosfocolina (da latticini) – un composto presente nei derivati del latte che potrebbe influire negativamente a livello cerebrale.
- Vitamina B6 e vitamina B12, quando assunte da fonti animali processate o in contesti dietetici squilibrati.
- Acido palmitico, un grasso saturo comune in cibi industriali.
È importante sottolineare che non sono le vitamine in sé ad aumentare il rischio, ma il contesto alimentare in cui sono state assunte. In altre parole, una dieta ricca di carni lavorate e formaggi, e povera di fonti vegetali, può annullare o invertire l’effetto protettivo normalmente associato a nutrienti come le vitamine del gruppo B, quando assunti da alimenti naturali e vegetali.
Donne più vulnerabili?
Un altro dato interessante riguarda le differenze di genere. L’associazione tra punteggio nutrizionale e rischio di demenza è risultata più marcata nelle donne, suggerendo una particolare sensibilità femminile ai fattori dietetici.
Quanto conta la dieta nel rischio di demenza?
Lo studio ha creato un “composite nutrient score” per valutare la qualità complessiva della dieta. Le persone nel terzile più basso del punteggio (cioè con l’alimentazione più sfavorevole) hanno mostrato fino all’80% in più di rischio di demenza rispetto a quelle nel terzile più alto.
Conclusione
L’alimentazione può davvero fare la differenza. Inserire nella dieta più alimenti vegetali ricchi di fibra, flavonoidi e vitamina E, e ridurre gli zuccheri e i latticini industriali, può contribuire a proteggere il cervello nel lungo termine.
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