Lo studio apre nuove strade di ricerca per capire come i virus che vivono nell’intestino influenzino la salute umana.
I virus sono le entità biologiche più numerose del pianeta. Ora i ricercatori del Wellcome Sanger Institute e dell’EMBL’s European Bioinformatics Institute (EMBL-EBI) hanno identificato oltre 140.000 specie virali che vivono nell’intestino umano, più della metà delle quali non sono mai state viste prima.
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Il documento, pubblicato il 18 febbraio 2021 su Cell, contiene un’analisi di oltre 28.000 campioni di microbiota intestinale raccolti in diverse parti del mondo. Il numero e la diversità dei virus trovati dai ricercatori sono sorprendentemente alti e i dati aprono nuove strade di ricerca per capire come i virus che vivono nell’intestino influenzino la salute umana.
L’intestino umano è un ambiente incredibilmente rico di biodiversità. Oltre ai batteri, vi vivono anche centinaia di migliaia di virus chiamati batteriofagi, che possono infettare i batteri.
È noto che gli squilibri nel nostro microbioma intestinale possono contribuire a malattie e condizioni complesse come la malattia infiammatoria intestinale, le allergie e l’obesità. Ma si sa relativamente poco sul ruolo che i nostri batteri intestinali e i batteriofagi che li infettano svolgono nella salute e nelle malattie umane.
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Utilizzando un metodo di sequenziamento del DNA chiamato metagenomica, i ricercatori del Wellcome Sanger Institute e dell’EMBL’s European Bioinformatics Institute (EMBL-EBI) hanno esplorato e catalogato la biodiversità delle specie virali trovate in 28.060 metagenomi intestinali umani pubblici e 2.898 genomi isolati batterici coltivati dall’uomo intestino.
L’analisi ha identificato oltre 140.000 specie virali che vivono nell’intestino umano, più della metà delle quali non sono mai state viste prima.
Il dott. Alexandre Almeida, Postdoctoral Fellow presso l’EMBL-EBI e il Wellcome Sanger Institute, ha affermato:
“È importante ricordare che non tutti i virus sono dannosi, ma rappresentano una componente integrante dell’ecosistema intestinale. Per prima cosa, la maggior parte dei virus che abbiamo trovato hanno il DNA come materiale genetico, che è diverso dai patogeni che la maggior parte delle persone conosce, come SARS-CoV-2 o Zika, che sono virus a RNA. In secondo luogo, questi campioni provenivano principalmente da individui sani che non avevano malattie specifiche. È affascinante vedere quante specie sconosciute vivano nel nostro intestino e cercare di svelare il legame tra loro e la salute umana”.
Tra le decine di migliaia di virus scoperti, è stato identificato un nuovo clade (tipologia) altamente prevalente, un gruppo di virus che si ritiene abbia un antenato comune, che gli autori chiamano Gubaphage. Questo è risultato essere il secondo clade virale più diffuso nell’intestino umano, dopo il crAssphage, scoperto nel 2014.
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Entrambi questi virus sembrano infettare tipi simili di batteri intestinali umani, ma senza ulteriori ricerche è difficile conoscere le esatte funzioni del Gubaphage appena scoperto.
Il dott. Luis F. Camarillo-Guerrero, primo autore dello studio del Wellcome Sanger Institute, ha affermato: “Un aspetto importante del nostro lavoro era garantire che i genomi virali ricostruiti fossero della massima qualità […] Genomi virali di alta qualità aprono la strada per comprendere meglio quale ruolo svolgano i virus nel nostro microbiota intestinale, compresa la scoperta di nuovi trattamenti”.
I risultati dello studio costituiscono la base del Gut Phage Database (GPD), un database altamente curato contenente 142.809 genomi dei fagi non ridondanti che sarà una risorsa inestimabile per chi studia i batteriofagi e il ruolo che svolgono nel regolare la salute sia dei nostri batteri intestinali che di noi stessi.
Il dottor Trevor Lawley, autore senior dello studio del Wellcome Sanger Institute, ha dichiarato: “La ricerca sui batteriofagi sta attualmente vivendo una rinascita. Questo catalogo di alta qualità e su larga scala di virus intestinali umani arriva al momento giusto per servire da modello per guidare l’analisi ecologica ed evolutiva nei futuri studi sui viromi.”
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Fonte: Wellcome Sanger Institute