Perché il concetto di caloria non funziona
Materia ed energia: due facce della stessa medaglia, intimamente legate in ogni angolo del nostro Universo. Anche gli alimenti non sfuggono a questa legge: il cibo ha un valore psicologico di gratificazione, ha una connotazione di gruppo, di convivialità, ma ha anche, e soprattutto, l’importante compito di nutrirci. Sotto questo aspetto, ci fornisce i nutrienti essenziali per la funzione plastica, ovvero per costruire tutto il nostro corpo e per quella energetica, energia essenziale per svolgere tutte le attività della nostra vita. Interessante è andare a scovare l’origine della parola energia: per questo dobbiamo risalire al greco, dove la parola “energheia”, non è altro che un composto di “en” intensivo e “ergon”, forza, azione, opera. Gli alimenti hanno dunque in se stessi un nucleo di forza che utilizziamo per svolgere tutte le nostre funzioni vitali, sia quelle fisiche che quelle mentali/psicologiche.
Quello di cui abbiamo sempre sentito parlare, per spiegare in cosa consiste l’energia degli alimenti, è il concetto di “caloria”, che a mio avviso crea un vuoto, in quanto non considera l’individuo che si nutre. La caloria, o chilocaloria, non è altro che l’energia termica necessaria per alzare di 1 grado la temperatura di 1kg di acqua distillata, portandola da 14,5 a 15,5 gradi. Ed è un punto di riferimento per quanto riguarda il fabbisogno nutrizionale degli individui. Ma il concetto di caloria è ristretto, limitato. Il cibo che introduciamo, non è inserito con un imbuto all’interno di un tubo senza funzioni, ma viene introdotto in un organismo vivente con caratteristiche e strutture proprie, è esso stesso energia che interagisce con altra energia e il risultato è complesso e articolato.
Il vero modo di guardare agli alimenti è di considerare la loro “energia vitale”, la forza che hanno e che ci forniscono, ma nel mondo occidentale siamo ormai abituati a considerarli soprattutto nella loro funzione di praticità. Acquistiamo ciò che è veloce, non riflettiamo sul valore nutritivo di quello che mettiamo nel carrelli della spesa e, successivamente, nei nostri corpi. Mangiamo cibo “morto”, privo di carica vitale. il raffinato è ciò che ci accompagna e che riempie tavole e pance. Pasta-pane-pizza sono gli alimenti base della maggior parte degli italiani, tanto che ormai associamo a questa triade il concetto di “dieta mediterranea”. Se tutti i giorni usiamo per i nostri corpi cibo devitalizzato, ricco di calorie, ma senza energia vitale, nel tempo ne risentiamo ed ecco che emergono patologie di diversa natura: diventiamo carenti di energia psichica, quindi possiamo anche soffrire di disturbi psicologici, ma anche i corpi ne risentono ed ecco quindi insorgere le patologie della nostra epoca. Obesità, diabete, malattie cardiovascolari, cancro, malattie autoimmuni. E’ vero che la causa delle malattie è polifattoriale, ma è anche vero che l’alimentazione e la scelta degli alimenti gioca un ruolo chiave nell’equilibrio della nostra macchina biologica.

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Quindi, per tornare all’energia degli alimenti, ciò che è necessario fare è operare una distinzione tra cibo vivo e cibo morto. Tutto ciò che germoglia ha la caratteristica di avere in sé quegli elementi necessari al nostro sostentamento (fisico e psichico): ci sono vitamine del gruppo B, vitamina E, zinco, magnesio, manganese e molte altre sostanze che vanno a far parte dei nostri enzimi, preziose proteine che servono per molteplici funzioni vitali. Se utilizziamo dunque cibo vivo, ecco che le nostre cellule sono nutrite e ci viene fornita la materia prima con cui formare ATP (adenosina trifosfato), la molecola dell’energia metabolica che deriva dalla degradazione di carboidrati, proteine e lipidi. Ma se usiamo il cibo raffinato, devitalizzato, “morto”, cioè alimenti che abbiamo privato dei loro preziosi elementi, questo non avviene. Visto che queste sostanze sono necessarie ai nostri enzimi e visto che non vengono più reperite nel cibo, allora ci vengono sottratte dai nervi, dai muscoli, dal sangue, dalle ossa, dal cervello, aprendo la strada a numerose malattie e facendoci sentire sempre meno lucidi e vitali.
Ma qual è la migliore scelta? Su cosa dobbiamo indirizzarci?
Gli alimenti più carichi di forza vitale sono quelli “più vicini alla terra”, ovvero quelli che non hanno subito trasformazioni: cereali integrali, legumi, frutta, verdura, provenienti da agricoltura biologica, senza trattamenti chimici, sono ricchi dell’energia che hanno ricevuto dalla terra e dal sole. Va da sé che se stazionano a lungo nelle celle frigorifere e subiscono lunghi viaggi per arrivare nei luoghi in cui vengono venduti, questa energia si perde. Per questo motivo il consiglio è di comprare da produttori locali (e, se si vive in città, affidarsi a dei GAS, Gruppo di Acquisto Solidali, che garantiscono una scelta critica, basata su dei precisi parametri di sostenibilità, solidarietà e consapevolezza).
Quindi, per concludere, smettiamo di affidarci a scelte automatiche per l’acquisto di ciò che va a costruire tutte le nostre cellule, i tessuti, gli organi, e che ci rifornisce l’energia necessaria per vivere, pensare e rapportarci a un mondo in cui possiamo avere un ruolo attivo e consapevole. Diamoci la possibilità di acquisire dagli alimenti le molecole che ci plasmano e l’energia che ci fa sentire vitali, attivi, vigorosi. Quando parlo di questo molti storcono il naso e affermano “Tanto di qualcosa si deve pur morire!”. “E’ vero – rispondo – Ma bisogna pensare ad ora, a quanta carica sentiamo addosso, a quanta energia abbiamo adesso, quanto siamo felici: insomma, la morte in fondo ci deve trovare vivi”